Adolescenti & autolesionismo: il meccanismo di una logica perversa

Il dolore che provo è così forte che non riesco a sopportarlo … ma lo posso trasformare … quando si trasforma in tagli o bruciature, allora sì … quello è un dolore che posso gestire!”... 

Il dolore che provo è così forte che non riesco a sopportarlo … ma lo posso trasformare … quando si trasforma in tagli o bruciature, allora sì … quello è un dolore che posso gestire!”

Così una ragazza di soli 14 anni ci descrive il suo dolore e la strategia da lei adottata per riuscire a superarlo.

L’autolesionismo è un fenomeno nascosto ma molto diffuso, soprattutto tra gli adolescenti italiani e non.

In questo breve articolo vengono introdotti i principali riferimenti al tema, illustrando sinteticamente il complesso meccanismo sottostante al comportamento patologico e le principali e utili strategie di intervento..

 

What about self-injury?

Sono molti gli adolescenti, in particolare le femmine, che si servono di questo peculiare modo di gestire un dolore emotivo. Adolescenti spaventati, permeati da sensazioni di solitudine e tristezza che li portano ancor più ad isolarsi, a nascondere il proprio dolore così come le ferite fisiche auto-inflitte che si procurano nella speranza di “far uscire il dolore dal corpo”.

Sollievo però effimero quello da ferite fisiche, che difatti si affievolisce prontamente: così, un taglio dopo l’altro, il dolore si amplifica, diventa più forte e diviene, molto spesso, inconfessabile.  Sono molti quelli che lo fanno, ma pochi gli adolescenti che rivelano questi “rituali” agli amici confidenti, ancora meno chi ne parla in famiglia. 

Il meccanismo perverso di una logica (apparentemente) incomprensibile

L’adolescenza è di per sé una fase della vita molto delicata, un momento in cui le emozioni si amplificano e ognuno si trova a dover fare i conti con le proprie paure, con la rabbia, con la tristezza e anche con la vergogna. Così succede, purtroppo, che molti ragazzi iniziano a tagliarsi per imitazione, per provare, o semplicemente perché in quel momento non intravedono strategie migliori per gestire l’esplosione emotiva delle proprie sensazioni e allora diventa più comodo “buttarle fuori” perché vedere il proprio dolore circoscritto in una ferita evidente lo rende qualcosa di esterno, “identificabile e padroneggiabile”, piuttosto che un oscuro meccanismo interiore, soffocante quasi fino alla morte. Compito di genitori ed educatori è quello di mostrare ai ragazzi dei modi più sani e corretti per divenire consapevoli delle proprie emozioni; delle modalità efficaci per provare a comprenderle e gestirle, ossia per diventarne padroni senza lasciarsi travolgere da esse.

La maggior parte dei ragazzi autolesionisti mostra scarsa accettazione di sé e lamenta una vita permeata da solitudine e difficoltà di comunicazione; molti di loro dichiarano di non sapere in che altro modo poter far fronte al loro dolore, tanto che anche solo dar voce a quel dolore li spaventa. Tuttavia la prassi psicologica ci rivela che molto spesso comunicare questo disagio, sentirsi accolti e ascoltati nella propria sofferenza, vivere un’esperienza empatica riguardo il proprio malessere, diminuisce significativamente questo comportamento aprendo così la strada ad una profonda crescita personale nel raggiungimento del proprio benessere. 

Adolescenti & autolesionismo, l’aiuto possibile: cosa fare e cosa evitare?

Il primo passo, come sempre, è la consapevolezza del problema. I ragazzi che mettono in atto comportamenti autolesionistici devono, quindi, riconoscerli come disfunzionali per la loro vita e devono attivare una serie di strategie utili per affrontarli:

  • Cercare gruppi di sostegno
  • Praticare uno sport, un hobby o una tecnica di meditazione (es. yoga)
  • Condividere il problema con familiari e amici
  • Liberarsi degli strumenti utilizzati per ferirsi
  • Chiedere aiuto a un esperto dell’età evolutiva
  • Fare una lista delle azioni alternative da compiere al posto di ferirsi, ogni qualvolta si avverte lo stimolo.

 

Cosa è possibile fare invece per un genitore che deve affrontare l’autolesionismo del proprio figlio? È importante non lasciarsi prendere dal panico e incoraggiare un dialogo che permetta al ragazzo di riconoscere il problema, cercando insieme strategie alternative per gestire il dolore emotivo. Indispensabile è sempre l’ascolto: dietro un adolescente che si taglia c’è un adolescente che si sente trascinato da un fiume in piena di emozioni e sensazioni che non è in grado di gestire.  Chi desidera aiutarlo deve tenere a mente tutto questo e offrirgli, per iniziare, un orecchio disponibile e non giudicante, pronto ad arginare, insieme, quel fiume in piena.

Al contrario, ci sono errori molto comuni che andrebbero evitati:

  • Far finta di nulla o minimizzare 
  • Preoccuparsi eccessivamente, “ingigantire” il problema
  • Colpevolizzare il figlio per questo suo comportamento (“Con tutto quello che facciamo per te”)
  • Colpevolizzare se stessi (“Cosa ho sbagliato?”)
  • Controllare continuamente i polsi o altre zone 
  • Chiedere e pretendere spiegazioni logiche/razionali

Conclusioni

L’autolesionismo, così come altre traiettorie evolutive devianti, è innanzitutto la manifestazione di una profonda sofferenza interiore, e come tale va rispettato ed affrontato con una “risoluta delicatezza”. È fondamentale non chiudersi in se stessi, non rimanere isolati, ma cercare il supporto di persone fidate, come amici e familiari, e di professionisti dell’ambito psicologico. Questo vale sia per i diretti interessati che per le loro figure di riferimento (genitori, insegnanti e amici); la vergogna e il senso di colpa sono nemici da rifuggire in quanto inibiscono il confronto, conducono all’isolamento e tendono a dipingere come insormontabile una situazione che, invece, nasconde ancora tante porte aperte al futuro.

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Riferimenti bibliografici

American Psychiatric Association (2000). Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, ed. rivista (DSM-IV-TR). Tr. It. Masson, Milano (2002).

American Psychiatric Association (2013). Criteri diagnostici Mini DSM-5, Ed. It., Milano, Raffaello Cortina Editore (2014).

“Why do the lonely stay lonely? Chronically lonely adolescents’ attributions and emotions in situations of social inclusion and exclusion,” Vanhalst, J., Soenens, B., Luyckx, K., Van Petegem, S., Weeks, M. S., & Asher, S. R. Journal of Personality and Social Psychology, November 2015.

Autolesionismo. Cosa deve fare un genitore quando scopre che il figlio è autolesionista?” di Maura Manca (Psicoterapeuta, Presidente Osservatorio Nazionale Adolescenza), 21 giugno 2016

 

 

Dott.ssa Passoni Flavia Ilaria (Psicologa, Psicoterapeuta, Dir. Scientifico  di Synesis Psicologia®)

Dott.ssa Brambilla Veronica (Psicologa clinica, esperta in counselling scolastico)

Dott. Verza Stefano Clemente (Dottore in Psicologia)