Ho iniziato a bere all'età di 14 anni ogni fine settimana. Ogni sabato sera con i miei amici bevevamo whisky e vodka fino a tornare a casa ubriachi. Era una distrazione, la vedevo come una via di uscita dai problemi quotidiani. Infatti aspettavo con ansia il weekend per quell'attimo di pace interiore. Arrivata a 17 anni non conoscevo nessun altro tipo di divertimento, se non con l'alcol. Ero arrivata addirittura a bere di nascosto l'alcol che c'era in casa in pieno pomeriggio o a metà mattinata. I rapporti con i miei si sono rovinati perché vedevano lo stato in cui tornavo a casa ogni volta e perché si accorgevano dell'alcol che mancava. Sono stata da uno psicologo per un anno e mezzo per capire la causa del mio malessere. Ho poi imparato a diminuire. Per anni e anni ho bevuto solo birra e vino e occasionalmente superalcolici. E credevo di esserne uscita bevendo solo alcolici non forti, ma in realtà non riesco affatto ad eliminarlo del tutto. E ora all'età di 25 anni posso dire che non esiste un giorno in cui sono fuori casa e non compro almeno una bottiglia di birra. Non credevo fosse un problema perché ho sempre avuto ragazzi bevitori. Poi ho conosciuto un uomo astemio con cui sono stata insieme per qualche mese. E per lui era un problema. Dopo litigi e sofferenze che gli ho causato, abbiamo chiuso. Solo perché per lui bere tutti i giorni era una follia e perché era consapevole di non potermi aiutare. Ma il fatto è che non so se posso essere aiutata perché non so vivere senza. Non ricordo la mia vita prima dell'alcol perché è un elemento fondamentale nella mia vita e lo dichiaro con enorme fatica. E quindi che fare? Sono alla soglia dei 30 e sono ancora bloccata a quella serata estiva in cui ho bevuto alcolici per la prima volta.
Gentile Erika,
da quello che scrive sembra che quello che inizialmente è nato come un modo per svagarsi in età adolescenziale e che accadeva solo nei fine settimana, è diventato adesso un aspetto costante ed importante della sua vita. Come lei scrive, infatti, l’alcool risulta essere un elemento fondamentale della sua vita e non sa se può essere aiutata perché dice di non sapere vivere senza. Ha già fatto però un primo passo: l’avere posto la propria domanda, chiedendo aiuto, risulta essere proprio un primo tentativo utile per uscire da questa situazione. La prima cosa che posso consigliarle è di trovare altri modi, più funzionali, per distrarsi dai problemi quotidiani o per riuscire a divertirsi. Ancora meglio, inoltre, sarebbe cercare di affrontare e di risolvere i propri problemi, senza rifugiarsi nell’alcool, che può essere solo una scappatoia momentanea. Le consiglio inoltre di riflettere e di pensare a come è proprio a causa dell’alcool che i rapporti con i suoi genitori si sono rovinati ed ha deciso di troncare la relazione con il suo partner: in psicodiagnostica un disturbo, a parità di sintomi, è giudicato tanto più grave quanto più compromette le aree di funzionamento di un paziente e nel suo caso, indipendentemente dalla quantità e dalla frequenza dell’assunzione di alcool, quello che conta sono gli effetti nocivi che si ripercuotono su aspetti significativi della sua vita ( relazioni, umore, etc..). Riuscendo ad abbandonare questa abitudine, quindi, potrebbe riuscire anche a riavvicinarsi alle persone a cui tiene. In questo percorso, che è molto difficile compiere da sola, potrebbe aiutarla di nuovo uno psicoterapeuta specializzato nel trattamento delle dipendenze (il percorso di cui parla sembra più un generico sostegno), che sappia guidarla, oltre che nell’esplorazione dei vissuti sottesi, anche nelle strategie comportamentali alternative, anche nel ridurre gradualmente il consumo di alcool, per poi abbandonarne del tutto l’uso.
Cordiali saluti
Dott.ssa Laura Balduchelli
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